Ozmo sa come affondare le mani nel ventre caldo della storia, estrapolandone miti e suggestioni, ricostruendo figure e scene arcaiche alla maniera propria, non escludendo il pop e nemmeno la nostalgia, la solennità e la leggerezza. E guardando alle grandi narrazioni, agli dei, agli eroi, ai reperti, ai simulacri, ai rituali di ieri e alle drammaturgie attuali.
Profilo perfetto per il progetto Trame – Tracce di memoria, ideato dall’Agenzia Creativa The UncommonFactory per la cittadina laziale di Rieti, nella regione storica della Sabina, e finanziato grazie a un bando della Regione Lazio, cofinanziato con i fondi europei per lo sviluppo.
La curatrice, Annalisa Ferraro, lo ha voluto nella squadra di artisti invitati a dialogare con le memorie storiche e artistiche del territorio. E nel suo caso l’impresa è stata poderosa, per certi versi atipica.
Ozmo, a Rieti, ha dipinto il primo murale mai realizzato in Italia sulla facciata di un Tribunale.
Si intitola Al suono delle trombe e giganteggia oggi su Piazza Bachelet, con tutta la monumentalità severa, eppure dinamica, dell’intreccio dei corpi e dei panneggi.
Un racconto disteso sull’architettura lineare del novecentesco Palazzo di Giustizia, una modulazione solenne di bianchi, grigi, seppia, sapientemente non invasiva, senza contrasti aspri né arroganza.
Il tema figurativo si aggancia al vuoto del piazzale e diventa piano cinematografico, pagina storica, avventura iconografica, teatro delle ombre e delle evocazioni.
Il soggetto è una libera interpretazione di due tesori rietini intrecciati: Il Giudizio Universale, affresco dei fratelli Torresani, gioiello dell’Oratorio di San Pietro Martire, e il cinquecentesco Ratto delle Sabine del Giambologna – scultura custodita nella Loggia dei Lanzi, in piazza della Signoria, a Firenze – forse la più celebre interpretazione di una vicenda mitica, che appartiene alla tradizione del luogo.
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